Una caffetteria per la caserma Abela (SR).
Il COcafè è una configurazione precisa che individua e porta alla luce la realtà possibile. La sottrazione è l’azione principale del progetto. I frammenti di cartongesso colorati disegnano nuove figure impreviste, rende evidente l’operazione di sottrazione e misurano il tempo della sovrapposizione. Nelle loro nuove forme diventano oggetti autonomi. Il movimento all’indietro che scopre il passato, grazie a piccoli innesti di nuovi materiali, scaraventa nel futuro, in nuove configurazioni, i materiali ritrovati.
Una caffetteria per la caserma Abela (SR).
Il COcafè è una configurazione precisa che individua e porta alla luce la realtà possibile. La sottrazione è l’azione principale del progetto. I frammenti di cartongesso colorati disegnano nuove figure impreviste, rende evidente l’operazione di sottrazione e misurano il tempo della sovrapposizione. Nelle loro nuove forme diventano oggetti autonomi. Il movimento all’indietro che scopre il passato, grazie a piccoli innesti di nuovi materiali, scaraventa nel futuro, in nuove configurazioni, i materiali ritrovati. I frammenti, una volta isolati, diventano figure autonome, non semplici resti, ma affermazioni di nuova identità: acquistano il valore di oggetti, prima invisibili nell’omogeneità delle superfici, poi scoperti dallo scavo archeologico. La sottrazione e l’innesto generano un doppio movimento procedendo avanti contemporaneamente nel tempo e nello spazio. Le nuove figure, contrassegnate dai colori selezionati tra gli intonaci ritrovati, condensano il senso di domesticità e, cambiando di segno alle pareti grezze ‘non finite’, ci fanno sentire a casa scatenando un campo affettivo e emozionale. Il COcafè mostra senza pudore le sue contraddizioni: conservare le stratificazioni di intonaco ritrovate non ha un valore documentario, non è una sterile memoria, ma il passato che si apre al futuro. Una nuova condizione che si sta trasformando in altro, che ancora non conosciamo, una forma di riconquista della potenza del divenire.