Allestimento “You Prison”
L’aumento della popolazione carceraria nei paesi occidentali è un’evidente contraddizione rispetto alla potenza dei sistemi di controllo che queste società hanno sviluppato negli ultimi anni. Tutti gli strumenti elettronici, informatici e magnetici che organizzano quotidianamente la vita delle città e di milioni e milioni di individui corrispondono ad un impeccabile sistema di controllo che registra posizioni, movimenti, parole, voci, immagini. L’inerzia della forma-carcere, come inesorabile permanenza di un residuo delle società disciplinari, sembra qualcosa di inspiegabile o difficilmente comprensibile in confronto al livello di perfezione di questi sistemi. La ricerca della sicurezza individuale, moltiplicando i gradi di controllo, provoca una sempre più spinta autolimitazione della libertà personale. Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad una progressiva e rapida migrazione di dispositivi dal carcere alle città contemporanee, dove si sono diffusi in modo pervasivo. Perché mai il carcere, malgrado sia una struttura antiquata, continua a crescere?
Allestimento “You Prison”
L’aumento della popolazione carceraria nei paesi occidentali è un’evidente contraddizione rispetto alla potenza dei sistemi di controllo che queste società hanno sviluppato negli ultimi anni. Tutti gli strumenti elettronici, informatici e magnetici che organizzano quotidianamente la vita delle città e di milioni e milioni di individui corrispondono ad un impeccabile sistema di controllo che registra posizioni, movimenti, parole, voci, immagini. L’inerzia della forma-carcere, come inesorabile permanenza di un residuo delle società disciplinari, sembra qualcosa di inspiegabile o difficilmente comprensibile in confronto al livello di perfezione di questi sistemi. La ricerca della sicurezza individuale, moltiplicando i gradi di controllo, provoca una sempre più spinta autolimitazione della libertà personale. Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad una progressiva e rapida migrazione di dispositivi dal carcere alle città contemporanee, dove si sono diffusi in modo pervasivo. Perché mai il carcere, malgrado sia una struttura antiquata, continua a crescere? Come è possibile che il carcere conservi una sua monolitica resistenza e omogeneità di fronte ad un diritto che negli ultimi anni ha differenziato le pene in base ai diversi tipi di reato? Cosa significa in questa prospettiva la persistente separazione del carcere dalla città? Che relazione passa tra la pena e la limitazione dello spazio? È il carcere un laboratorio sullo spazio minimo e sulla lentezza del tempo? O sta diventando una nuova forma di punizione corporale?
L’istallazione esplora alcune contraddizioni estreme che negli ultimi anni hanno preso forma come risposta ad alcune emergenze politiche e sociali (terrorismo, immigrazione). Nelle società del controllo la mutazione genetica del carcere è il campo di prigionia, la cella-campo dove ogni diritto è sospeso, ogni cittadinanza è perduta. Nella cella-campo lo stato di eccezione si conficca nella carne di un corpo inerme. L’istallazione ricostruisce una cella paradossale con la tecnica utilizzata nel campo di Guantanamo (pali di ferro, rete metallica e filo spinato in cima) inciso nei nostri occhi dalle immagini delle tute arancioni dei prigionieri dietro le reti che hanno bloccato per sempre la riduzione dell’uomo alla sua “nuda vita”.
La cella-campo, quindi, costituisce un ossimoro: come è possibile abitare un luogo sottratto alle stesse leggi dell’uomo?